L’Europa promuove la manovra

di Emanuela Melchiorre

pubblicato su www.ragionpolitica.it il 14 agosto 2011

L’Europa sembra essere soddisfatta della manovra finanziaria «ristrutturata» dal governo e approvata dal CdM venerdì scorso, dopo la richiesta della Bce di anticipare l’obbiettivo del pareggio di bilancio. La cifra complessiva è di 45 miliardi di euro, suddivisa nei prossimi due anni (20 miliardi di euro sono previsti per il 2012 e 25 per il 2013), per raggiungere l’obbiettivo del pareggio di bilancio, infatti, con un anno di anticipo.

Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha commentato positivamente il provvedimento italiano con il suo pieno sostegno, definendo «tempestive e rigorose» le misure approvate dal governo, misure «di cruciale importanza non solo per l’Italia ma per tutta l’Eurozona». Il premier Silvio Berlusconi ha avuto contatti con gli altri leader dell’Unione europea vista la lunghissima telefonata con Angela Merkel, e quelle con il presidente della Bce, Trichet, e con Sarkozy ed altri. Berlusconi ha commentato «Ho ricevuto grande apprezzamento, non era in discussione soltanto la posizione italiana, era in discussione l’euro e quindi l’Europa stessa. Quindi – ha puntualizzato Berlusconi – c’era da parte di tutti una grande attenzione a quello che il governo italiano sarebbe riuscito a fare». Fatto sta che è stato necessario rimettere mano al testo della manovra e il risultato è stato raggiunto in risposta ad un difficile equilibrio tra esigenze e richieste contrastanti.

Molte risposte positive sono state date alle domande degli italiani riguardo alla riduzione delle spese della politica. Probabilmente si poteva fare di più, ma quel che è stato fatto fino ad ora rappresenta se non altro un buon inizio. Un taglio al costo della politica viene dal discreto numero di province (29 con meno di 300 mila abitanti) che sarà eliminato e di alcuni enti locali che saranno accorpati. La stessa sorte toccherà a 1.500 comuni con meno di mille abitanti. Senza considerare le 54 mila poltrone politiche che salteranno per via della riduzione dei componenti dei consigli regionali. Questo permetterà un risparmio di circa 8,5 miliardi di euro. Il 70 % di questo risparmio sarà in termini di minori trasferimenti dallo stato agli enti locali. In particolare, è previsto un taglio di 6 miliardi ai trasferimenti nel 2012 e di 3,5 miliardi nel 2013.

Anche i ministeri non sono stati esclusi dalla scure dei minori finanziamenti e il risparmio sarà pari a 6 miliardi di euro. Altresì i parlamentari dovranno stringere la cinghia. Si potrà assumere un solo incarico per volta, cosicché un parlamentare non potrà essere eletto sindaco o viceversa. Per quando riguarda il«contributo di solidarietà», i parlamentari dovranno sborsare cifre doppie rispetto agli altri cittadini con pari redditi. Questo però non esclude che le tasse siano aumentate anche a chi percepisce redditi elevati e non svolge alcuna funzione politica. In particolare, chi percepisce redditi superiori ai 90 mila euro annui, dovrà versare un 5% come contributo di solidarietà, mentre per i percettori di redditi superiori a 150 mila euro il contributo sarà del 10% per i prossimi due anni. In tema di tassazione è rimasta confermata l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie che passerà da una aliquota del 12% al 20% con l’eccezione dei titoli pubblici, mentre calerà la tassazione (dal 27 al 20%) sugli interessi attivi sui conti correnti, la commissione di massimo scoperto, la tassazione sui certificati di deposito e sugli interessi maturati sulle obbligazioni con durata inferiore ai 18 mesi.

Altro aspetto rilevante della rivista manovra finanziaria riguarda le riforme nell’ambito del mercato del lavoro e le liberalizzazioni dei servizi pubblici e di quelli municipali. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il governo intende rendere più snella la procedura di licenziamento per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato, nonostante lo statuto dei lavoratori (art. 18). Questo sarà accompagnato a misure cautelative per prevenire l’uso improprio di contratti atipici e sarà incoraggiata, con una serie di incentivi, la cosiddetta «contrattazione aziendale di secondo livello», anche detta contrattazione decentrata o integrativa, che favorisce i lavoratori, pur permettendo una valutazione delle esigenze dell’azienda.

Le partecipazioni pubbliche, in risposta alla spinta di riforma dell’attuale manovra, dovranno essere progressivamente liberalizzate. I comuni, dal canto loro, dovranno rinunciare alle loro quote di partecipazione alle ex municipalizzate che forniscono servizi pubblici quali l’erogazione di acqua, elettricità, gas e rifiuti. Fatta eccezione per l’acqua oggetto del recente referendum, gli altri servizi potrebbero essere rapidamente liberalizzati al fine di ridurre sprechi e duplicazioni di costi, nonché di poltrone, clientele e corruzione. La spinta riformatrice riguarderà anche gli ordini professionali, le corporazioni e le associazioni di categoria. Non ci si aspetta comunque che simili provvedimenti ricevano un vasto consenso, specie nei confronti delle categorie direttamente interessate. Sono scelte scomode da prendere, che hanno il loro costo in termini di consenso, ma hanno l’obbiettivo di ridurre rendite di posizione e premiare il merito e il gioco della libera concorrenza sul mercato.

Un’altra scelta che ha suscitato un certo malcontento specie tra le fila dei sindacati è stata quella di spostare le festività civili alla domenica e di lasciare inalterate quelle religiose. Risponde a esigenze di aumento della produttività del sistema economico, perché permette di evitare gli stop and go dati dai cosiddetti «ponti» che tali festività avrebbero consentito. Sembrerebbe a primo avviso una inezia, ma a conti fatti un simile provvedimento permetterà di risparmiare circa un miliardo di euro; risparmio che consentirà di raggiungere gli obbiettivi europei imposti. Infine, due provvedimenti imporranno sacrifici più vasti. Il primo prevede una stretta alla tredicesima per quegli enti pubblici (sia enti territoriali, sia ministeri) che non rispetteranno gli obbiettivi di riduzione della spesa. Il secondo prevede un pagamento posticipato fino a due anni del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici (fino ad ora era previsto un ritardo di 18 mesi).

Vi è poi il provvedimento che riguarda l’aumento dell’età pensionabile (a 65 anni) per le lavoratrici, che prevede un anticipo al 2015 per completare la riforma nel 2027. Mentre per le pensioni di vecchiaia l’aumento dell’età pensionabile seguirà le tempistiche previste in precedenza. Sono state molte le critiche da entrambi gli schieramenti che sono arrivate riguardo ad una manovra tanto sofferta. Resta il fatto che fino ad ora i danni peggiori sono stati arginati. La liberalizzazione del mercato del lavoro difficilmente sarebbe possibile con un governo meno coeso, anche se troppo spesso ostacolato anche da chi si considerava parte integrante della maggioranza, salvo ripensamenti in corsa. Ben vengano i tagli di sei miliardi ai ministeri e di decine di migliaia di poltrone della politica, così come importante è la riduzione del numero delle Province e dei «campanili». La patrimoniale paventata spesso dalle opposizioni non si è mai concretizzata. Si poteva fare di più? Forse si, ma non si può dire che sia stato fatto troppo poco.

 

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